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Catalogo della mostra "Paesaggio con casa

ed albero"  (L'Idioma Centro d'Arte di Ascoli

Piceno - 19 dicembre '87, 10 gennaio '88)

 

Paesaggio con casa ed albero,  1987

Acrilico su MD cm  70x40 + parete

 

Paesaggio con casa ed albero,  1987

Acrilico su MD cm  68x55 + parete

 

Paesaggio con casa ed albero,  1987

Acrilico su MD + parete

 

I paesaggi con figure fuori campo di Augusto Piccioni

 

 

 

 

Pittore di temperamento esuberante ed ascendenti stilistici astratto-espressionistici, Augusto Piccioni aderisce al Gruppo Immanentista di Ascoli Piceno nel 1984.

Firmatario di vari manifesti programmatici (tra cui "Per uno stile", "La rappresentazione progettata", "Uno stile Interdisciplinare") i suoi lavori nello "stile nuovo" degli anni '84/ 86 sono coerenti con i presupposti teorici dell'Immanentismo, pur conservando una connotazione personale. Adattandosi spontaneamente ad una corrente di tendenza nella cui letteratura e prassi trova, all'epoca un punto di riferimento forte per orientarsi artisticamente nel tempo storico con maggiore consapevolezza; Piccioni realizza i suoi primi "progetti architettonici", indirizzando implicitamente la sua istintività irruente verso obiettivi pittorici autodisciplinati.

Nell'attuale ciclo operativo intitolato "Paesaggio con casa ed albero", l'autore continua, per certi aspetti, il discorso "iperstilistico" del primo Immanentismo, sviluppando però una soluzione originale di pittura che si continua fuori della pittura stessa. Si tratta, in effetti, di una interpretazione eterodossa della teoria dello "Stile Italiano" adottata recentemente dal gruppo ascolano, sempre più rivolto alla rappresentazione plastico volumetrica e figurale dell'ambiente contingente. Intendendo conservare le prerogative gestuali liberatorie dell'elaborazione astratta, Piccioni approda ad interessanti contributi inventivi nel proporre la propria versione percettuale dell'immanenza.

Le sue tavole sagomate, applicate sullo sfondo bianco del muro o di un passepartout sono variazioni informali di paesaggi naturalistici (immanentisti) che ritagliano otticamente, per contrasto, nello spazio neutro retrostante, i contorni di una casa o di un albero. Tale figurazione fuori campo sembra voler introdurre surrettiziamente la figura nei vuoti della pittura. Convertendo la funzione passiva dello sfondo nel trasformarlo in figura e parteciparlo visualmente, Piccioni ribalta non solo i rapporti tradizionali del dipingere, ma anche i canoni comuni della strutturazione ed organizzazione·percettiva. L'elevata soglia cromatica della zona dipinta autorizza, infatti, il percepiente di considerarla portatrice di un significato in sé non relazionabile ad altro.

I contorni delle figure servono generalmente a delimitare gli oggetti per meglio evidenziarli allo sguardo. La forma frastagliata della tavola, collocata in posizione dominante rispetto al contesto, incoraggia ulteriormente l'osservatore ad associarla mentalmente ad una forma o architettura geometrica dotata di una consistenza semantica autonoma, ossia di un senso a sé stante. Si è invece di fronte ad un procedimento tecnico di ambiguizzazione della percezione, dove il tutto e le parti, anche se si determinano reciprocamente, agiscono l'uno in funzione e a discapito delle altre. I1 riferimento all'ambiente concreto (la casa, l'albero, la collina) escono dal campo dell'agire pittorico vero e proprio, il quale afferma l'astratto quale sua legge e realtà (nell'accezione kandinskyana del termine). Il fenomeno di strutturazione ed organizzazione del dato percettuale varia secondo i fattori soggettivi o i contenuti mentali specifici dell'individuo. La risposta-riflessa che sottolinea la centralità della figura per giustapposizione allo sfondo assume valori personali, pur conformandosi a certe norme universalmente valide.

Augusto Piccioni sollecita, intanto, un'interpretazione dell'informazione sensoriale che sconvolge sia la comune attribuzione di spessore formale all'oggetto concreto (casa o albero), sia la delimitazione dei confini tra assenza/presenza, vuoto/pieno, superficie dipinta/superficie bianca.

Una delle assunzioni più rivoluzionarie della Storia dell'arte è stata quella che sosteneva (con Braque e Picasso), la dipendenza di ogni concetto spaziale dalle cose o dagli esseri che l'occhio umano è in grado di percepire, e quindi di situare entro coordinate cartesiane.

Piccioni trova, invece, il modo di dimostrare e testimoniare con la sua opera che anche lo spazio vuoto è figura, e che non c'e pittura figurale se non per opposizione all'informale. Così come al limite estremo del razionale c’è l'irrazionale, la figuralità e l'astrattizzazione sono i due poli opposti e complementari irrinunciabili di ogni percezione possibile. Presentificandosi attraverso la loro espulsione dal riquadro dipinto, la casa e l'albero si trovano dunque effettivamente e realisticamente "fuori". Fuori campo, appunto, per lasciare libero gioco al "paesaggio immanente", alle sue suggestioni visive non vincolate, che si stagliano in materiche topografie di equilibri accorti tra ombre e luci. Ma l'opera continua se stessa nell'ambiente circostante, il "paesaggio"pittorico non essendo fattualmente o virtualmente che la rievocazione di quest'ultimo.

Scoprendo una modalità di sintesi tra il "tutto vuoto"e il "tutto pieno", Augusto Piccioni avanza un passo creativo importante nella panoramica artistica contemporanea.

 

Dicembre, '87

 

                                                                                                                     Nicoletta Hristodorescu

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Presentazione in catalogo per la mostra presso la Galleria "L'IDIOMA" di Ascoli Piceno (1987)

 

 

 

 

 

 

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