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Maria Grazia Torri

 

 

 

Catalogo della mostra "L'albero che non c'è più"  (L'Idioma Centro d'Arte di Ascoli

Piceno - dicembre '94, gennaio '95)

 


 

 

L'albero che non c’è più.

di Maria Grazia Torri

 

 

Cos'è l'albero? Molteplici risposte si possono dare a questo interrogativo che l'opera di Piccioni ci pone. L'albero è da sempre un simbolo di vita in qualsiasi modo lo si consideri.

Adamo ed Eva hanno avuto a che fare per prima cosa con un albero.

All'inizio era l'albero del bene e del male quello da cui abbiamo raccolto il retaggio di tutti i nostri guai, ma si chiamava anche "l'albero della vita" dizione contrapposta, priva di valutazioni morali e profondamente attinente alla genesi del mondo.

L'albero può:divenire genealogico rispetto alle generazioni di una famiglia, maestro, rispetto alle imbarcazioni, pianta rispetto alla natura, e così via.

Ma l'albero che non c'è·più;quale albero è? Di che pianta si tratta? '

Di tutte quéste espressioni messe insieme, probabilmente,perché se scompare la natura scompariremo anche noi e tutti i nostri referenti simbolici e fantastici. Se la natura si perde, morirà l'arte e la poesia, che in parte sono già cadaveri.

I1 discorso che ci vuol fare Augusto Piccioni con questo albero fantasma, sagoma vuota e mancante della pittura è indubbiamente un discorso etico estetico, perché il grave problema dell'oggi è appunto quello di ridare corpo alla vita

che lo sta perdendo e alla natura che si va estinguendo.

Sincero appello di una pittura passionale e accorata è questo di Piccioni, che, oltre alla flora da salvare, ci indica anche una fauna specifica, quella delle sue terre, fatta di volpi, lupi e cinghiali. Questi animali sono collocati dietro la sagoma dell'albero che li nasconde e li protegge diventando così simbolo di quell'indispensabile punto di riferimento di cui ognuno ha bisogno.

 

***

 

"La volpe e l'uva" è un'antica favola di Esopo che Piccioni raffigura tra i suoi alberi e che resta valida anche nell'oggi.

In pratica dice questo: tutto ciò che è faticoso, irraggiungibile per le nostre forze lo si dichiara poco appetibile, ininteressante, lontano.

Anche l'etica è molto distante dalla nostra società così come la sensibilità alle cose, soprattutto a quelle della natura o ai rapporti umani, che dentro la convivenza civile, vanno cambiati.

Dichiararle scomode o troppo lontane forse ci esime da una fatica immediata, ma questo non ci salverà dalla catastrofe, luogo in cui la fatica diverrà massima e forse inutile, basta guardare quello che succede con le alluvioni al Nord, in un Nord tanto sbandierato come emblema di efficienza e di perfezione, ma, alla prova dei fatti, tanto debole e precario.

Tutti, di fronte agli accadimenti di oggi, comprese le catastrofi naturali e le guerre, dovrebbero cambiare logica.

La volpe sa bene che se vuole arrivare all'uva deve agire d'astuzia, sa che non basta desiderarla o guardarla o dire che non è matura, per prenderla. E l'artista di oggi, in un certo senso è una volpe pigra.

La cosa importante da fare, perciò, è diventare solerti, nella saggezza, e in questo senso è saggia l'arte, o quell'espressione che manda segnali, che agisce dentro la realtà, che vuole cambiarla dal di dentro,:·che di fatto la trasforma, che non si sottrae alle responsabilità a cui la politica e la civiltà si sono sottratte.

Io non credo che l'artista debba andare in piazza per fare questo, ma non si sottragga alla piazza se questa occorre, non faccia atti snobistici e poco eroici, non si allontani dall'impegno se il dolore della natura che muore è il suo stesso dolore, se si rende conto che con l'arte si può raccontare la realtà com'è, molto più che col telegiornale.

 

Milano, novembre 1994

 

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Presentazione in catalogo per la mostra presso la Galleria "L'Idioma" di Ascoli Piceno (dicembre '94, gennaio '95).

 

 

 

 
 

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