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Cecilia Casadei
Catalogo della mostra "La grande bellezza negli occhi delle donne" (Atelier Ivana Manni di Ascoli Piceno - 10 ottobre, 7 novembre 2015
Articoli e interviste
"Piccioni e i ritratti, la poesia degli sguardi"
Inaugurazione mostra presso il Comune di Smerillo
Inaugurazione mostra presso l'"Atelier Ivana Manni " |
Lo sguardo nell’arte di significare le apparenze. di Cecilia Casadei
“L'arte è tanto inutile quanto indispensabile”. Lo dice sorridendo Augusto Piccioni artista impegnato, eclettico interprete di prolifere stagioni, pittore colto dai risvolti artistici inaspettati, creatore di immagini che sono prosa e poesia. La vita raccontata col pennello tra sentimento e realtà, quando la narrazione diviene fondamento di una cultura che caratterizza l'evoluzione umana. Ed eccolo Piccioni, negli anni ottanta, alla ricerca di una pittura svincolata dal concettuale per seguire una personale figurazione e astrazione carica di forza, di energia cinetica e cromatica. È del 1985 un suo autoritratto dove la forma cede il passo a gesti e ardite cromie che lasciano sapientemente intravedere un volto dal carattere combattivo. La sua espressione artistica è dominata da una schopenhauriana “volontà di vivere” che si fa tutt'uno con una autentica adesione alla religione dell'arte, della pittura, senza dimenticare l'approdo alla tridimensionalità e quella felice espressione della materia che ha avuto un significativo ruolo nel suo percorso artistico. Eccolo quel mondo dal sapore fiabesco degli ultimi anni dove le possibilità dell'esistenza e dell'arte stessa sono in nuce, opere dove uomini e lupi, donne e cinghiali sono in cammino in una altalena di pieni e vuoti a disegnare un albero che diviene percettibile proprio nella sua assenza. E la percezione di un elemento visivo diviene costrutto della mente a testimoniare il legame di Piccioni con la Natura e “ quello che la natura non sa fare l'arte lo fa”. Ecco l'artista figurativo a dipingere volti, e per molti anni abbandonerà questo linguaggio, un genere che oggi ripropone con una galleria tutta al femminile, “ma non sono un ritrattista”. “Per me il ritratto è una sfida, un esercizio” e il ritratto si configura come ponte sotto cui passa il fiume di tutta la sua produzione artistica. Augusto Piccioni e l'energia creativa di un percorso che si nutre della lunga storia del ritratto nei secoli, attinge alla fonte della sensibilità, della curiosità e affida all'arte il compito di segnare il tempo. Il primo ritratto porta la data 1972, l'ultimo quella del 2014, ed è sempre lo sguardo il motivo centrale di un volto, di un alito vitale cui dona l'eternità. Uno sguardo che attira, racconta mondi interiori e gli occhi di Barbara, Albertina, Simona, Valentina e le altre, ci guardano per essere guardati consapevoli della sicurezza del gesto pittorico di Piccioni, di quel dinamismo segnico che accompagna tutta la sua produzione. Ritratti nati da una attenta osservazione che accarezza lo spirito, quando Piccioni dipinge con le mani, con la mente, con il cuore, “l'immagine come evidenza dell'invisibile”. La tenerezza dell'abbraccio di Natalia con la cagnetta Lula nella reciproca consapevolezza di un legame, i tratti decisi del volto di Lucia, la gentilezza di una Giorgia dagli occhi scuri in contrasto con il chiarore dei capelli dell'abito e dell'incarnato, la sottile ironia di Annalisa e gli occhi luminosi dietro la cornice degli occhiali rossi. Volti che portano in superficie tracce dell'anima e l'arte di significare le apparenze, oltre le apparenze, diviene “esercizio” superlativo, arte come epifania. Uno straordinario reportage umano colto nella dimensione della giovinezza, amiche, sorelle, conoscenti, con occhi profondi come laghi d'amore. Barbara, Luciana, Stefania, Simona, donne cui Augusto regala l'immortalità per una mostra che diviene omaggio all'arte del ritratto senza tempo. Inno ad una concezione dell'esistenza sintetizzata in alcuni titoli delle sue opere: “Non si persero d'animo”, “ Seguitarono a cercare”. ____________________ Presentazione in catalogo per la mostra "La grande bellezza negli occhi delle donne" presso l'"Atelier Ivana Manni " di Ascoli Piceno (10 ottobre - 7 novembre 2014).
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“Non erano stanchi di cercare ...”. di Cecilia Casadei L'arte per “Fare mondi”. L'espressione dell'arte come atto di fede che celebra l'Anima del mondo, l'opera d'arte come dialogo fra il sé e il mondo. Quello di Augusto Piccioni è un “Racconto”, titolo ricorrente nel suo lavoro, che appare come scenografia di una Natura di cui siamo parte inscindibile, una sorta di teatro dove a recitare sono le figure - come ombre - di un uomo, di una donna, nudi. Di una volpe, di un cinghiale e un lupo, presenze della sua terra d'origine in cui l'artista si identifica, la terra dell'ascolano. Di quel prezioso mondo naturale che lo porterà ad essere promotore dell' Eco museo di un territorio per una storia che ama profondamente. I suoi personaggi paiono in viaggio attraverso una sorta di Eden alla ricerca, forse, di un nuovo Eden che è solo dentro di noi, “in arte… siamo già in paradiso”, poi la presenza costante di un albero che non c'è e nasce da sagome ritagliate, poste una di fronte all'altra. Un albero che la percezione visiva coglie quando è il vuoto a farsi immagine e la figura appare come intagliata nel disegno acrilico realizzato su lastra di alluminio. Il fascino di quel vuoto ad evocare una presenza fantasma che si fa più reale nell'alternanza figura sfondo e obbedisce a quella esigenza percettiva dell'approccio gestaltico per cui le figure devono essere, “buone”, completate dall'occhio. E il dialogo è fra pieno e vuoto, fra la leggerezza del bianco e il rimbalzare dei colori in un contesto dove c'è il respiro della natura tutta, la luce del sole, il chiarore dell'alba, l'alito del tramonto, il segreto della notte. Sullo sfondo di una natura astratta la figura in nero di una donna seduta con lo slancio di chi sta per muoversi, così come appare in movimento la volpe rossa nella direzione inversa e tre sono le sagome che danno origine a vuoti percepibili come alberi. Talora saranno invece quattro sagome schierate a coppia per creare tre alberi, quando ad essere seduto, questa volta, è un uomo che precede una donna nel campo visivo. E una volpe, sempre rossa, in cammino dal lato opposto si volta indietro, quasi ad interrogarsi sulla strada da percorrere, sulla scelta da fare, in un contesto cromatico di pennellate d'azzurro, di verde, di giallo. Arte come capacità di creare vita con le immagini, nelle immagini, arte quando dietro c'è un pensiero . Altrove la figura è quella di un grosso cinghiale, della figura umana compare solo un tratto, “sotto il sole d'estate” in un luminoso alone di felicità visiva. Figure in alternanza di colore, ora verdi, ora rosa, ora blu e l'albero che non c'è come ritornello per consacrare uno stile personalissimo anche quando in alcune installazioni site specific compare a terra un'ombra solida che suggestiona o il campo è quello di una unica tela e “qualcosa attirò la loro attenzione …”.Così i titoli delle opere di Piccioni, poesia che sottolinea poesia, con i puntini di sospensione a lasciare aperta ogni interpretazione, a lasciar immaginare qualcosa che riguarda il nostro mondo, il nostro vissuto e “la decisione non fu difficile…”, “la sosta fu breve…”, “furono presi dalle luci del tramonto…”, “nessuno seguiva…”, “…avevano deciso e…”. Il fare arte di uno come Augusto diviene percorso fra immaginario e realtà, misterioso sentimento del sogno che mira a stabilire per suo mezzo un nuovo rapporto col reale e nel suo lavoro c'è l'ansia dell'umana avventura, l'incessante ricerca del bene, del bello, del buono, il profumo di mondi “altri”, c'è lo spirito della quiete e del riposo. C'è l'alone suggestivo di una purezza interiore che celebra un poco di malinconia senza dimenticare la bellezza e la speranza in una originale espressione d'arte che vive fra l'angoscia esistenziale della coscienza moderna e quella condizione interiore per cui l'artista si fa interprete di un nuovo linguaggio e insieme ricerca la propria identità. Come rappresentazione di un sentimento, arte libera da verità e moralità, come espressione di gioia e anche di dolore, tumulto del cuore e della mente. I personaggi di Piccioni si muovono nell'affannosa ricerca di un “porto sepolto”, di una meta ideale da raggiungere per divenire emblema di quella umana avventura che caratterizza l'esistenza dell'uomo, metafora, visione onirica di un fare arte che interpreta il sentire più intimo e profondo dell'autore. L'adesione al Gruppo Immanentista, il movimento nato ad Ascoli Piceno che coniuga storia, tradizione e attualità nel superamento del concettuale, favorirà in Augusto l'esplorazione e il racconto della natura come teatro del suo lavoro. E quell'immaginario che proviene dalla realtà, e da un progetto, nutre il suo processo artistico per ritornare alla realtà con una espressione che lascia il segno nella storia del contemporaneo. Così l'arte di Augusto Piccioni diviene riflesso della coscienza moderna e di quella condizione interiore che rispecchia il desiderio di attraversare schemi espressivi per riagganciarsi alla tradizione con uno stile nuovo e attraversare, nello stesso tempo, deserti della mente, montagne del vuoto interiore. Ecco allora altri titoli a mappare la strada dell'arte di Piccioni, “sembrava impossibile ma..”, ”avevano visto giusto e…”, “non era il caso di tornare indietro…”, “non si persero d'animo…”, “non erano stanchi di cercare...”. Titoli come pensieri per essere tutt'uno col prodotto di un'arte che alimenta il nostro sguardo sul mondo. Per confermare che “nell'arte c'è il senso della vita”. Luglio 2015 Presentazione in catalogo per la mostra presso il Comune di Smerillo (FM) (24 luglio - 15 agosto 2015) nel contesto del la sesta edizione del Festival "Le Parole della Montagna".
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